
- Marco Federico:
- Quali domande sono racchiuse nel “fatidico vaso di pandora”?
- Ma soprattutto quali domande potrebbero contenere e rivelare, sin dal momento in cui si pongono, già delle risposte?
- Proviamo a fare un “ragionamento semplice, ma concatenato”. E’ in corso a Caltanissetta il processo a carico del famigerato e super latitante, Matteo Messina Denaro, con il capo d’accusa di essere uno dei mandanti delle stragi di “Capaci e D’Amelio”.In attesa che questo processo giunga a conclusione, “sarebbe essenziale”, come asserisce il giornalista ed editore del giornale telematico “La Valle dei Templi”, Gian Joseph Morici, approfondire per comprendere perchè e grazie a chi saltò la copertura di “Svetonio-Vaccarino” ?
15 dic 2017 – Gian J. Morici
Svetonio – La mancata cattura di Messina Denaro – La Valle dei Templi
15 dicembre 2017 | Filed under: Primo piano | Posted by: Redazione

Messina Denaro – Identikit
Antonio Vaccarino, il nostro ‘Svetonio’, è sicuramente un personaggio non comune. Un uomo su cui si è detto molto – forse troppo – ma la cui vera storia merita ben più di ciò che si è scritto. L’aspetto più importante della sua vita, quantomeno quella legata a Svetonio, il nome in codice che gli aveva assegnato Matteo Messina Denaro, sta tra gli spazi bianchi fra le righe. Tra quegli spazi che non si sa – o non si vogliono – scrivere e rendere leggibili.
Antonio Vaccarino è nato a Corleone ma ha vissuto a lungo a Castelvetrano, dove, oltre a svolgere la propria professione di insegnante, si è dedicato all’attività politica ricoprendo le cariche di consigliere comunale, assessore , sindaco. Presidente USL
Una personalità eclettica che in un piccolo centro non può passare inosservata. Ma in un piccolo centro accadono tante cose per le quali non è difficile che la vita porti un qualsiasi cittadino ad avere contatti con soggetti legati al mondo della criminalità organizzata.

In un paese dove ci si conosce tutti, succede al parroco, all’insegnante, al contadino, al farmacista, al meccanico, all’appartenente alle forze dell’ordine, di ritrovarsi nello stesso bar – o per le ragioni più disparate – e incontrare i componenti delle famiglie mafiose locali.
Una promiscuità che porta a relazioni umane incomprensibili a chi non vive nell’isola. Un cenno di saluto tra nemici giurati, che altrove non troverebbe spiegazione, qui, nel profondo Sud rientra in quei codici non scritti che regolano la vita quotidiana di ogni siciliano.
Tra le tante conoscenze di Vaccarino docente, quella con Salvatore Messina Denaro, discente dello stesso Istituto scolastico, fratello del più noto Matteo Messina Denaro, super latitante e ritenuto tra i boss mafiosi più scaltri e pericolosi che quest’isola abbia mai partorito.
Antonio Vaccarino, arrestato e condannato in primo grado a seguito delle accuse da parte del pentito Calcara (successivamente smentito da un’infinità di sentenze, testimonianze e dichiarazioni di altri pentiti) grazie alla conoscenza con Salvatore Messina Denaro, entrò in contatto , in sinergia con il SISDE, con il superlatitante che gli impose il nome di Svetonio, scegliendo per sé stesso lo pseudonimo di Alessio.

Quattro anni di corrispondenza, di “pizzini”, puntualmente analizzati dalla Direzione Sisde, per arrivare all cattura del boss o alla sua resa. Quando il Sisde, nel 2007, trasferì alla magistratura l’intero carteggio, qualcuno rese nota l’operazione Svetonio-Servizi segreti. Sorprendentemente nessuno sull’argomento ha mai indagato! Dopo il cumulo di false accuse nei confronti di Vaccarino, evidentemente allo scopo di spostare le attenzioni dai veri mafiosi che avevano voluto le stragi, si bruciava così la possibilità di catturare il boss, il quale, conosciute le reali intenzioni del suo presunto amico d’epistole, il 15 novembre del 2007, anziché un pizzino a firma di Alessio, gli faceva recapitare una lettera firmata M. Messina Denaro: “Ha buttato la sua famiglia in un inferno – scrisse il boss – La sua illustre persona fa già parte del mio testamento. “ Poche parole sufficienti a tracciare l’efferatezza criminale del latitante, il quale secondo i P.M. della Corte d’Assisi di Caltanissetta, dove si tiene il processo a suo carico, partecipò alle riunioni tenutesi a Castelvetrano, nel corso delle quali venne definita la strategia stragista che nei primi anni novanta insanguinò la Sicilia.

Riunioni e decisioni prese alla presenza dell’imputato che, da quanto emerso dall’attività processuale del Procuratore Gabriele Paci, in quegli anni aveva già un ruolo direttivo in “cosa nostra”, insieme al padre Francesco.
Vaccarino, arrestato e condannato in primo grado nonostante nessun rappresentante delle Forze dell’Ordine avesse all’epoca avallato le accuse nei suoi confronti, ritenendo inverosimile la sua appartenenza alla mafia, solo oggi, a distanza di oltre due decenni, si vede riabilitato grazie a testimoni di altissimo spessore istituzionale che reiterano apprezzamenti sulla sua onestà e alle dichiarazioni di un nuovo, ulteriore collaboratore di giustizia che sconfessa il Calcara e narra inediti retroscena in merito a quelle infamanti accuse.

L’“Operazione Palma”, nata dalle accuse di Calcara, è oggi al vaglio dei P.M. e secondo inconfutabili riscontri giudiziari, quelle accuse furono confezionate come depistaggio.
Di particolare rilevanza, nella vicenda Vaccarino, la testimonianza del Questore Calogero Germanà – miracolosamente scampato all’agguato mafioso di Mazara – che delineando nei dettagli la posizione delle famiglie mafiose della provincia di Trapani e della limitrofa Agrigento, esclude qualsivoglia contiguità del Vaccarino con ambienti non raccomandabili, rimarcandone invece la correttezza sociale e la vicinanza alle Forze dell’ordine, in ciò suffragando quanto verbalizzato dal collaboratore di giustizia Benedetto Pellegrino.
Non meno significativa la deposizione del Luogotenente Di Pietro, che all’udienza del 18 settembre 2017, a Caltanissetta, testimonia di essere stato incaricato dopo l’operazione “Palma” di svolgere gli accertamenti relativi alla composizione e agli assetti geografici della mafia di trapani, in particolare di quella di Castelvetrano. Dall’esito di quelle indagini, si era già accertata l’estraneità di Antonio Vaccarino da ogni contesto criminale, mafioso o di qualsivoglia altro genere delittuoso. Una testimonianza che riporta quanto nel 1994 era già stato verbalizzato dalla Squadra che aveva investigato con apposita richiesta. Pur tuttavia Vaccarino subiva 5 anni di torture e sevizie da terzo mondo a Pianosa.
Benedetto Pellegrino, il collaboratore di giustizia, ha anche narrato di un incontro avuto con il Calcara in una caserma dei Carabinieri di piazza Venezia a Roma, durante il quale questi gli promise parecchio denaro per avallare le sue false accuse.
Accuse che non dovevano riguardare solo il Vaccarino,all’epoca considerato astro nascente della Democrazia Cristiana e al quale l’allora Capo della Squadra mobile di Trapani, Dr. Germanà, si rivolgeva per fiducia e serietà, coralmente riconosciutegli, per avere chiarimenti circa le dinamiche interne del suo Partito, ma anche lo stesso Germanà , il Dr. Michele Messineo, all’epoca Questore Vicario, Pantaleo, Culicchia etc etc.

Un incontro tra pentiti che – oltre ad essere vietato – era evidentemente funzionale a depistare ulteriormente le indagini su quei soggetti mafiosi che furono gli artefici delle stragi degli anni novanta, calunniando persone innocenti.
Se l’attività di depistaggio, stando agli esiti investigativi, appare ormai certa, poco chiare, per chi non conosce i fatti, potrebbero apparire le ragioni delle calunnie specificatamente contro Germanà, Messineo , Vaccarino, Pantaleo, Culicchia.
Germanà, vivo per miracolo, insieme a Messineo, all’epoca Primo Dirigente più giovane d’Italia, erano stati i firmatari dei primi provvedimenti giudiziari che coinvolgevano Matteo Messina Denaro. Un motivo più che valido per Messina Denaro per poterli infangare.
Lo stesso dicasi per Vaccarino, massacrato a Pianosa, che aveva mandato all’aria la cooperativa “Agricola Mediterranea perché ne facevano parte tutti gli indiziati mafiosi come in seguito l’Autorità Giudiziaria avrebbe sentenziato. Al depistaggio, si aggiungeva dunque la soddisfazione di una vendetta contro i nemici della consorteria mafiosa. Si aggiungeva l’infamante accusa di traffici di droga voluta proprio da quelli che , veri manovratori di morte , vedevano in Vaccarino un acerrimo nemico che , assieme anche al Giudice Borsellino (come lui sostiene ndr), lottava strenuamente chiunque e comunque favorisse tali immondi traffici.

Quanto ha verbalizzato Benedetto Pellegrino viene ora nel complesso certificato con risultati di indagini Istituzionali svolte negli anni delle stragi, prima della inumana condanna di Vaccarino.
“Avrei dovuto calunniare Germana Messineo, Vaccarino, Culicchia…” dichiara il nuovo pentito, accusando Caldara, definito a suo tempo dal Procuratore Zuccaro,“elemento sfrontatamente portato al mendacio…”, come di uguale gravità riportato nella più recente sentenza del Presidente Pellino.
L’accettazione, come fosse oro colato, della catena delle menzogne, fu frutto di errori, di negligenze o cosa altro? A poco, purtroppo, serve oggi la denuncia del Giudice Russo nei confronti del Calcara per autocalunnia e calunnia aggravata, per la quale la pubblica accusa chiedeva 8 anni di reclusione. Il reato è ormai prescritto e nonostante avesse rovinato oltre cinquanta famiglie nulla potrà restituire loro ciò che gli fu tolto.
Sarebbe invece certamente importante capire come e perché si è potuto credere al pentito Vincenzo Calcara, sconfessato da un’incredibile sequela di sentenze, che – come evidenziato dal Pubblico Ministero Massimo Russo – si diceva conoscitore della mafia e ometteva dì conoscere proprio Matteo Messina Denaro, quasi che questi fosse “uno qualunque” e non un mafioso di spessore, suo coetaneo e compaesano.
Soprattutto, sarebbe essenziale capire grazie a chi e perché saltò la copertura di Svetonio-Vaccarino che avrebbe portato all’arresto del boss.
![falcone_borsellino[1]](http://www.lavalledeitempli.net/wp-content/uploads/2010/07/falcone_borsellino1.jpg)
Senza queste risposte, finiremmo con il ritrovarci a correre il rischio di nuove azioni di depistaggio volte a coprire i veri responsabili delle stragi degli anni novanta. L’ennesimo torto ai familiari delle vittime che non conosceranno mai la verità e ai tanti, come Vaccarino, Messineo, Germanà e altri, che in vario modo hanno pagato l’allegra gestione di pentiti sui quali oggi ci si interroga per capire per conto di chi facessero le false dichiarazioni.
Il processo in corso a Caltanissetta, potrebbe dunque rappresentare la svolta che permetterebbe di fare piena luce su uno dei periodi più bui della storia italiana.
Anni di stragi, assassini, mandanti più o meno occulti, misteri ancora tutti da svelare, rispetto i quali continueremo ad indagare portando a conoscenza i nostri lettori di aspetti tutt’ora inediti, a partire dalle false accuse di un altro teste, dal processo scaturito da queste e concluso con gravissime dichiarazioni da parte dello stesso; riservando a voi lettori un’ulteriore sorpresa in merito agli incontri tenutisi a Castelvetrano – non solo tra mafiosi – prodromici alle stragi degli anni 90.
Gian J. Morici – http://www.lavalledeitempli.net/2017/12/15/svetonio-la-mancata-cattura-messina-denaro/
Svetonio e le mancate indagini
1 dicembre 2018 | Filed under: Primo piano | Posted by: Redazione

Antonio Vaccarino
Antonio Vaccarino, Sindaco di Castelvetrano, Presidente dell’Unità Sanitaria della Valle del Belice, ma, soprattutto “astro nascente della Democrazia Cristiana” per chi aveva avuto l’interesse di abbattere il sistema politico cinquantennale cominciando proprio da Castelvetrano, sede del direttorio del terrore mafioso, inconsapevole manovalanza criminale delle menti raffinatissime di Falconiana individuazione.
Il Prof Vaccarino, fino a quel momento stimatissimo, e non soltanto nel proprio paese, veniva infangato d’un tratto quale criminale capomafia. Tutte le Forze dell’ordine, Investigatori di primordine testimoniavano senza remora alcuna della sua assoluta rettitudine. Non serviva ad annullare le elucubrazioni accusatorie del delinquente Calcara Vincenzo appositamente imbeccato in tal senso, pure smentite categoricamente da tutti i collaboratori di Giustizia effettivamente mafiosi quali, Brusca, Siino, Geraci, Sinacori, Zicchitella, Patti, Milazzo…etc etc..

Relazioni da parte di uomini delle forze dell’ordine, che avrebbero scagionato Vaccarino, mai entrate a far parte dei fascicoli processuali (vedasi la relazione del Luogotenente Di Pietro, della cui copia ha fatto richiesta il legale di Vaccarino, Avvocato Giovanna Angelo), e dichiarazioni di pentiti giudicati attendibili, non tenute nella stessa considerazione di altri dichiaranti la cui attendibilità è stata messa in discussione in più processi, rappresentano soltanto una minima parte delle tante anomalie che si registrano in questa storia.
Tra le tante perplessità mai chiarite, ce n’è una che riguarda la mancata cattura di Matteo Messina Denaro e la ricostruzione dell’intero organigramma di “Cosa Nostra” in Sicilia. Se la storia giudiziaria di Antonio Vaccarino, inverosimile capomafia e impossibile trafficante, è un autentico compendio di gravi anomalie, quella di Svetonio lo è forse ancor di più, rassegnando a chi ha modo di conoscerne i dettagli, una serie di condotte improvvide meritevoli di essere citate a futura memoria.
Chi è Svetonio

Matteo Messina Denaro
La Direzione del SISDE, impegnatissima nella cattura di tutti i latitanti mafiosi, organizza e sviluppa l’operazione finalizzata alla cattura dell’ultimo capomafia Matteo Messina Denaro. Vaccarino riesce a farsi contattare dal latitante instaurando un collegamento epistolare durato oltre 4 anni. Filosofia, religione, affetti familiari , questi i temi dettagliatamente trattati con aumentato interesse scritto da Matteo Messina Denaro. Il bisogno inappagato di conoscere ed abbracciare sua figlia Lorenza…….così si afferma la validità di Vaccarino che aveva creduto nella possibilità della “resa” di Matteo consegnandosi allo Stato. Era sfiduciato e pessimista. Non aveva più alcuna fiducia nei Politici, diffidava degli stessi suoi presunti protettori di comodo. Opportunisti dei tempi grassi, disertori nelle avversità. Voleva conoscere ed abbracciare sua figlia! Oltre dieci anni fa! Dieci anni ancora di latitanza costata alla Città di Castelvetrano, alla provincia di Trapani , alla Regione, allo Stato, incalcolabili danni sociali ed economici.
A Vaccarino il nome di Svetonio, usato nella corrispondenza (pizzini) tra i due, lo aveva assegnato lo stesso Matteo Messina Denaro, il quale a sua volta si firmava con lo pseudonimo di Alessio.

D’accordo col SISDE, Vaccarino (grazie al fatto che il fratello del boss aveva frequentato il Liceo scientifico del quale erano Presidente e Preside il Vaccarino e la moglie) riesce a entrare in contatto con il latitante con il quale intavola una lunga corrispondenza. Non si tratta solo di stanare il latitante, tra gli obiettivi del SISDE, grazie alla collaborazione di Vaccarino-Svetonio, c’è quello di mappare le famiglie mafiose siciliane. Un piano ben congegnato che avrebbe portato ben presto a conoscere l’influenza delle famiglie di Cosa Nostra nelle varie province siciliane e i loro interessi nell’ambito degli appalti. Un’inchiesta avviata da Giovanni Falcone e proseguita con Paolo Borsellino che aveva chiesto agli stessi uomini del Ros se erano disposti a proseguire in quell’indagine dopo la morte di Falcone.
La Direzione del SISDE diventa “Svetonio” e lavora alacremente. I pizzini tra Vaccarino e Alessio vengono infatti trasmessi al SISDE. Analizzati e valutati, serviranno per conoscere lo stato delle cose e studiare nuove strategie. La squadra che è all’opera, è la stessa che consegnò a Falcone la prima grande inchiesta sul rapporto mafia-appalti, la stessa alla quale Paolo Borsellino si era rivolto chiedendo se ci fosse la disponibilità a proseguire quelle indagini.
L’imprevisto
L’allucinante esperienza di malagiustizia pregressa induce Vaccarino a rendere partecipe dello stato dei lavori dei Servizi segreti la SuperProcura di Pietro Grasso. Non c’è alcun obbligo gli fanno notare i vertici del SISDE. Ugualmente ritiene ineludibile il coinvolgimento della massima autorità nazionale antimafia. E scrive.
Vaccarino-Svetonio, decide dunque di coinvolgere l’Autorità Giudiziaria, ammettendo la sua appartenenza al SISDE, ad un Organo Investigativo di Trapani, allertato dalla Super Procura di Roma (Pietro Grasso).
È la fine dell’operazione Svetonio-Servizi segreti

Il fallimento di quattro anni di attività. Un’improvvisa fuga di notizie porta a conoscenza della stampa (anche quella internazionale) del ruolo di Vaccarino-Svetonio, mandando in fumo ogni progetto di cattura del boss e la mappatura delle famiglie mafiose siciliane, concedendo un notevole vantaggio a Matteo Messina Denaro ed esponendo, nel contempo, Vaccarino alle ritorsioni del latitante. Tant’è che questi, firmandosi con il suo nome e non più come Alessio, gli scrive: “Ha buttato la sua famiglia in un inferno. La sua illustre persona fa già parte del mio testamento.”
E le indagini?
Né la Super Procura di Roma, né altre procure, s’interessano di scoprire e punire i responsabili di quella fuga di notizie. Non lo fa Grasso, non se ne interessa Giusto Sciacchitano, anche lui alla Direzione Antimafia Nazionale, non lo fanno le altre procure competenti. Quella di Trapani in particolare, presso la quale vengono presentati appositi esposti con circostanziate denunce circa la fuga di notizie. L’obbligatorietà dell’azione penale, sembra divenire un optional del quale si può fare a meno. L’unica attività che si registra, è quella che porta l’intera Procura di Palermo a confermare e sottoscrivere il ruolo di Vaccarino-Svetonio a servizio dello Stato. Il doveroso riconoscimento, dopo che la Direzione del Sisde aveva trasferito alla magistratura l’intero carteggio. Tutti i componenti della DDA di Palermo sottoscrivono l’assoluta linearità di Antonio Vaccarino al servizio dello Stato.

A nulla servono le denunce presentate da Vaccarino – non più Svetonio – perché si individuino e si puniscano i responsabili della fuga di notizie. Rimangono lettere morte perse in ben individuati cassetti Come la relazione del luogotenente Di Pietro che avrebbe scagionato Vaccarino dall’accusa di mafia, della quale, per inspiegabili ragioni, non si trova traccia nel fascicolo processuale della prima ingiusta condanna di Vaccarino. È come se un enorme black hole ingurgitasse ogni singola carta scomoda. Se come diceva Winston Churchill “a volte l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialza e continua per la sua strada”, è meglio continuare il proprio cammino, magari aggirando l’ostacolo senza inciampare. E’ proprio vero che la verità viene sempre e comunque a galla, ma è un insopportabile problema quello che “le menti” soffino perché prenda il largo. Certo che a sentire Calcara le Procure di Palermo Trapani Marsala e Caltanissetta sono colpevoli di intralciare la Giustizia e allora? In questo caso Calcara non è attendibile?
Matteo Messina Denaro latitante, le ferite sanguinanti inflitte dalla mafia ancora aperte, le indagini mai avviate, i carteggi che, come ad opera di bravi prestigiatori, scompaiono. E la giustizia, con passo claudicante, va… a ramengo. Dovrà intervenire inevitabilmente il CSM. Antonio Vaccarino rimane convinto, seppure siano trascorsi già dieci lunghi anni, che Matteo Messina Denaro, conscio che i suoi solo presunti amici “nascosti” favorirebbero la cattura insanguinata alla Salvatore Giuliano, potrebbe preferire la vera protezione dello Stato, per se stesso e, soprattutto , per sua figlia e per tutti i suoi familiari.
Gian J. Morici – http://www.lavalledeitempli.net/2018/12/01/svetonio-le-mancate-indagini/
Matteo Messina Denaro e la nebbia nissena – Intervista ad Antonio Vaccarino (Svetonio)
2 febbraio 2018 –
Antonio Vaccarino, l’uomo che con il nome in codice Svetonio, collaborò con il Sisde per arrivare alla cattura di Matteo Messina Denaro.
A margine dell’intervista, alcuni *interrogativi e note che possono tornare utili per cercare di capire cosa è accaduto in passato e cosa si rischia possa accadare ancora oggi nel corso dei processi che riguardano le stragi degli anni ’90

Prof. Antonio Vaccarino
M: Professore Vaccarino, la sua è una figura per molti versi da romanzo. Una carriera politica bruciata dalle accuse di pentiti che poi si sono rivelate infondate, il rapporto epistolare con Matteo Messina Denaro, la collaborazione con il Sisde, la sua copertura bruciata a seguito della fuga di notizie, processi, assoluzioni, carcerazione ma anche una condanna.
V: Credo la domanda contenga , in quanto a parziale risposta, il contenuto del mio libro in via di definizione. La dichiarazione urlata al mondo intero è una soltanto : sono una Persona perbene che ha speso l’intera sua vita in difesa dei deboli, che non ha mai derogato dai principi morali e, che ha sempre affermato il bene sociale, praticando più che predicando quotidiana lotta contro ogni forma di violenza mafiosa, contro le prepotenze dei malfattori, contro i luridi trafficanti di droga.
M: Dunque prima di tutto una domanda che riguarda il boss latitante Matteo Messina Denaro, al quale in qualche modo è legata anche la sua storia: ritiene che oggi sia lui il capo indiscusso di “cosa nostra” o, come sostiene Gaspare Mutolo, uno dei pentiti più importanti, dopo la morte di Riina il nuovo boss dei boss deve ancora essere scelto?

Messina Denaro – Identikit
V: Matteo Messina Denaro è capo del nulla assoluto perché la mafia, la cupola, la “cosaloro”, la congerie di brutalità demoniaca , tutto è stato sconfitto dallo Stato Italiano che ha dovuto ricorrere a rimedi estremi per far fronte al male estremo culminato con le stragi degli anni novanta. Se le stesse misure fossero state adottate con gli assassinii di Mattarella, Dalla Chiesa, Costa, Basile, solo per citarne alcuni per il ruolo Istituzionale che ricoprivano, molti, troppi altri Eroi non sarebbero onorati nei troppi anniversari di dolorose cerimonie. Ma colpevoli negligenze e, peggio, devastanti connivenze, hanno di fatto strumentalizzato la bava mafiosa scadendo sempre più nella lotta per l’accaparramento del potere in tutti i gangli vitali dello Stato. La politica si è ammalata di coprofagia che ha ammorbato qualunque ideale, i Partiti hanno consentito l’ingresso di tutti gli interessi economici avulsi dalla ricerca del bene per la collettività e, bandita ogni logica e soppressa la ragione è prevalso il più bieco materialismo. Per la specificità del tema particolare, indubbiamente continua in alcuni la scellerata propensione a delinquere, la decerebrata vocazione al romanticume mafioso, ma non esiste più lo scudo assurdo di disvalori secolari spacciati per principi pseudo morali che ammaliavano i deboli d’intelletto. Questo quarto di secolo appena trascorso ha dimostrato al mondo intero che la brutalità mafiosa e sanguinaria era stata sempre accompagnata dai tradimenti più inimmaginabili. Il furto di uno dei termini più significativi della nostra vita sociale , l’onore, ha rivelato quanto il tutto fosse da definire , invece, assolutamente disonorato. La disonorata accozzaglia, altro che onorata società!
M: Antonio Vaccarino, soggetto politico proiettato verso una brillante carriera. Poi, improvvisamente, il suo nome viene legato a fatti criminosi. Chi fu il primo ad accusarla e per quali reati?
V: L’astro nascente della Democrazia Cristiana, scrissero il 6 maggio del 1992 tutti i giornali del mondo. Ma non per l’effettiva importanza che esercitavo bensì per la necessità di spettacolarizzare al massimo il primo depistaggio sociopolitico che, consentendo alla mafia il compimento delle stragi, realizzava di conseguenza l’abbattimento del sistema politico Italiano con il massacro di tutti i Partiti tradizionali. Quelli che avevano costruito l’Italia dalle macerie della guerra mondiale , Quei Partiti, tutti, che pure se con durissimi scontri dovuti alla indispensabile diversità ideale, avevano fatto si che il mondo bracciantile potesse conquistare spazi per la speranza del miglioramento sociale delle generazioni a venire. Concreta è stata la svolta del benessere economico raggiunto, altrettanto , di conseguenza, l’avanzamento socio-culturale.

Vincenzo Calcara
Ma, andando alla cronaca terribile della domanda, un certo Calcara Vincenzo mi ha accusato di essere mafioso e sono stato tratto in arresto. Non è stato considerato da nessuno il fatto che io fossi sempre stato cittadino dalla condotta irreprensibile. Ciò testimoniato a gran voce da tutte le Forze di Polizia che, invece, pretendevano si considerasse la natura di Calcara Vincenzo, assassino del povero disoccupato Tilotta , cui aveva rubato un milione di lire con la promessa di un impiego. La richiesta della restituzione per il mancato mantenimento della promessa determinava la volontà omicida di Calcara, che veniva condannato anche per la testimonianza della moglie Lombardo Mattia che era stata costretta dal congiunto a lavargli la macchina sporca del sangue della povera vittima. Le figlie , assieme alla madre , lo avevano abbandonato per le sue violenze familiari. Il padre era stato condannato ad otto anni per avere violentato una figlia. I fratelli hanno sempre gridato in ogni sede trattarsi di un reietto della peggiore specie perché rubava i soldi a loro e la misera pensione della madre. Con un tale pedigree , una attenta regia mafiosa, lo nomina pentito di mafia. Nessuno pare si accorga che le persone che da sempre erano state segnalate come mafiosi dagli Investigatori il Calcara non le indicava. Stranamente? NO! Calcara teneva lontano da ogni indagine quel Matteo Messina Denaro che il mondo intero conosceva meno che lui, pur se della stessa generazione, dello stesso rione. Avrebbero poi tutti i pentiti di mafia, giudicati attendibili dalla Magistratura, verbalizzato e testimoniato che il “fradiciume” Calcara era stato strumentalizzato proprio da Matteo Messina Denaro per il tramite del (1) Maresciallo Canale, collaboratore del Giudice Borsellino.
M: Sì, ma l’allora Maresciallo Canale, venne poi sempre assolto, mentre lei a seguito di queste accuse venne arrestato…
V: …e poi assolto… Oggi, però, Calcara accusa Canale di essere il traditore del Giudice Borsellino . In questo caso, per gli Inquirenti non è credibile? Come non attendibili sono Brusca, Sinacori, Siino, Geraci, Patti, Pellegrino, Zicchitella, Ferro, Milazzo etc etc che dicono che Canale era pagato da Messina Denaro perché facesse dire al fradiciume Calcara (così lo definiscono diversi pentiti di mafia -ndr) falsità utili alla mafia? Serve soltanto che si leggano le carte, ormai abbondantemente presenti nei faldoni delle diverse Procure, per capire l’operazione di depistaggio organizzato per favorire le maledette stragi. Sembra che il Giudice di Berlino abbia già fatto il biglietto!
M: Oltre alle accuse di Vincenzo Calcara, ad accusarla anche Grimaldi Elisabetta… Di cosa l’accusava la Grimaldi?

V: Sono stato arrestato per le sole accuse di Calcara, il quale, peraltro, prima che intervenisse sulla scena registica di Canale una certa Grimaldi Elisabetta, aveva ritrattato scrivendo che ero “buono, anima pia, e innocente”. Ma il Calcara, quello che aveva “confessato” di essere stato incaricato di uccidere “con un fucile a cannocchiale a Marsala” il Giudice Borsellino, veniva opportunamente “sostenuto” dalle improvvise accuse di Grimaldi Elisabetta che scriveva di avere sentito che il Sindaco Vaccarino e l’On Pisciotta avevano profferito, sorseggiando un caffè al bar Centrale di Castelvetrano, minacce al Giudice Borsellino!!!!!
Ebbene, ritenendo degna di attenzione una tale denuncia, Caltanissetta apre un processo contro Vaccarino, Pisciotta e ben tre Messina Denaro (soltanto omonimi dei famigerati mafiosi!) E’ così certamente più credibile per lo spettacolo depistatore. Oltre tre anni dura il processo. Senza mai effettuare una sola delle diverse udienze fissate, “incredibile dictu”, perché non si trova la teste d’accusa Grimaldi Elisabetta.
Intanto era già andato in scena il processo alla “Scarantino”. Teatro da inferno se si considerano gli ingiusti ergastoli irrogati ad innocenti. Non serviva più il processo “Grimaldi” che, miracolosamente, finalmente si trova nella residenza dalla quale mai si era allontanata e, sentita dopo tre anni, dichiara di non conoscere né il Sindaco Vaccarino, né l’On Pisciotta. Aggiunge di non essere l’autrice del contenuto della lettera, affermando di averla soltanto firmata in bianco come richiestole dal Maresciallo Canale che , invece, avrebbe provveduto a riempirla. Smentisce ogni accusa e finisce tale processo con l’obbligata assoluzione di tutti gli imputati. Come niente fosse mai successo, la nebbia nissena, ogni cosa porta al cesso! Tranne che i venti Etnei non la diradano …….!
La Pubblica Accusa del processo contro Messina Denaro Matteo non ha interesse per tali macigni sulla strada della verità? Sapremo tutto, e di più, lo stesso? La Giustizia ne ha bisogno!
M: È in corso il processo che vede imputato per stragi il latitante Matteo Messina Denaro. Stragi che sarebbero state pianificate a Castelvetrano. A suo parere, c’è il rischio che anche in questo processo a Caltanissetta si ripeta l’ennesimo depistaggio, così come avvenne con le false testimonianze di Scarantino?
V: I Questori Germanà e Messineo, assieme a tanti altri alti Funzionari dello Stato, sono stati calunniati da Calcara, il primo è un mancato Eroe, fortunatamente; il secondo è stato bloccato nella carriera pur essendo stato il più giovane Dirigente della Polizia. Il pentito Pellegrino ha fatto in proposito dichiarazioni molto inquietanti sui rapporti Canale-Calcara. Il processo quater in corso a Caltanissetta ha accertato che le stragi furono decise a Castelvetrano in incontri mafia-politica cui avrebbe partecipato qualche testimone disponibile a renderne conto e conoscenza . Di ciò la Procura di Caltanissetta è stata informata nella primavera passata. Nel processo in corso , non è dato sapere se anche il VQuestore Vicario Dr Messineo, negli anni delle stragi in servizio proprio a Trapani, possa essere chiamato a deporre come da manifestata , e utile, disponibilità . E il testimone , ancora vivo, è stato soltanto “incontrato” dagli Investigatori, La nebbia , pare abbia opacizzato anche questo.
Gian J. Morici
*Gli interrogativi
Tra i tanti, la prima domanda alla quale si dovrebbe dare una risposta, riguarda le dichiarazioni del Calcara – e poi della Grimaldi – che dipingono tanto il Professore Vaccarino, quanto l’on Pisciotta, legati alla consorteria mafiosa. Entrambi erano antagonisti dell’andreottismo imperante e congiunti di Servitori dello Stato. Polizia Carabinieri e Guardia di Finanza. Secondo quanto dichiarato da pentiti del calibro di Buscetta, e poi appurato dai giudici, nessun congiunto di appartenenti alle forze dell’ordine poteva far parte della consorteria mafiosa. Una tesi ampiamente sostenuta dallo stesso Giudice Borsellino nel corso della sua audizione al Csm, nel 91, nel mettere in dubbio l’appartenenza dello Spatola a “cosa nostra”:

Perchè, dunque, si diede credito alle accuse?
Ma v’è di più. Svetonio, viene bruciato da una fuga di notizie subito dopo che il Sisde comunicò ai magistrati che stava agendo per conto dei servizi nella cattura di Matteo Messina Denaro. Il giorno dopo, tutta la stampa del mondo pubblicava la notizia del Sindaco 007. Un caso? Secondo quanto dichiarato da Borsellino nel ’91, le fughe di notizie in taluni tribunali, erano all’ordine del giorno. “Uffici giudiziari colabrodo”:

Chi fu l’autore della fuga di notizie? Quali indagini furono fatte per individuarlo?
A sostenere le accuse di Calcara, contro Vaccarino e Pisciotta, la Grimaldi. La donna che poi si dichiarerà analfabeta, alla quale la lettera l’avrebbe scritta il Maresciallo Canale, che per lunghi anni non testimonierà al processo perchè nessuno – nonostante non si sia mai allontanata dalla propria abitazione – riuscì a rintracciarla.
Come mai le presunte dichiarazioni della Grimaldi coincidono con quelle del Calcara; i due, o chi per loro, si erano incontrati?
Ancora una volta, a venirci incontro su possibili incontri – mi si perdoni il giro di parole – tra pentiti o chi per loro, è il Giudice Borsellino nel corso dell’audizione del ’91:

Intanto, però, per rimanere sempre in tema di interrogativi, ne emergono di più inquietanti. Appare infatti strana la circostanza narrata dal Professore Vaccarino nel corso dell’intervista, in merito all’esistenza di un testimone oculare di riunioni svoltesi a Castelvetrano proprio nel periodo della preparazione delle stragi. Indicazione, questa, data da un alto Funzionario dello Stato. Confermata da Organi Investigativi di rilievo. Matteo Messina Denaro partecipante assieme al gotha mafioso in convivi di lavoro e festivi con politici di Partiti diversi ed imprenditori tra i più attivi della provincia. Qual è l’attenzione che la Procura di Caltanissetta sta avendo per questo testimone che – afferma Vaccarino – “ancora vivo, è stato soltanto “incontrato” dagli Investigatori”? Riusciremo a sentirlo prima che non sia più vivo?
Nel prossimo articolo, “storia di un testimone ancora vivo” (si spera)….
(1) Dell’ex Maresciallo Carmelo Canale, divenuto poi ufficiale, ne ha scritto anche un altro magistrato, narrando di perplessità manifestate dal Giudice Borsellino in merito alle indagini sul duplice omicidio del colonnello Giuseppe Russo, uno degli uomini più fidati di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e del professore Filippo Costa . Un omicidio, quello del colonnello Russo, voluto da Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella, che vide accusati tre pastori, a seguito della confessione in caserma da parte di uno di loro stessi. Tre innocenti, uno dei quali si era autoaccusato del delitto, chiamando in correità gli altri due. Al momento di quella confessione, che poi si scoprirà falsa, c’ era anche Carmelo Canale. Secondo il magistrato che ne scrive, più volte Borsellino chiese a Canale di dirgli la verità.
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